MARIA, PELLEGRINA DELLA FEDE, MADRE E EDUCATRICE

«Voglio fare riferimento, prima di tutto, a quel pellegrinaggio di fede

in cui la Beata Vergine avanzò»

(Giovanni Paolo II, Madre del Redentore, 15)

 

 

Il cammino che la vita consacrata deve percorrere all’inizio del nuovo millennio è guidato dalla contemplazione di Cristo, con lo sguardo più che mai fisso sul volto del Signore».[1]

La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale. È nel suo grembo che si è plasmato, prendendo da Lei anche un’umana somiglianza che evoca un’intimità spirituale certo ancora più grande. Alla contemplazione del volto di Cristo nessuno si è dedicato con altrettanta assiduità di Maria. Gli occhi del suo cuore si concentrano in qualche modo su di Lui già nell’Annunciazione, quando lo concepisce per opera dello Spirito Santo; nei mesi successivi comincia a sentirne la presenza e a presagirne i lineamenti. Quando finalmente lo dà alla luce a Betlemme, anche i suoi occhi di carne si portano teneramente sul volto del Figlio, mentre lo avvolge in fasce e lo depone nella mangiatoia (cfr Lc 2, 7). Da allora il suo sguardo, sempre ricco di adorante stupore, non si staccherà più da Lui. Sarà talora uno sguardo interrogativo, come nell’episodio dello smarrimento nel tempio: «Figlio, perché ci hai fatto così?» (Lc 2, 48); sarà in ogni caso uno sguardo penetrante, capace di leggere nell’intimo di Gesù, fino a percepirne i sentimenti nascosti e a indovinarne le scelte, come a Cana (cfr Gv 2, 5); altre volte sarà uno sguardo addolorato, soprattutto sotto la croce, dove sarà ancora, in certo senso, lo sguardo della ‘partoriente’, giacché Maria non si limiterà a condividere la passione e la morte dell’Unigenito, ma accoglierà il nuovo figlio a Lei consegnato nel discepolo prediletto (cfr Gv 19, 26-27); nel mattino di Pasqua sarà uno sguardo radioso per la gioia della risurrezione e, infine, uno sguardo ardente per l’effusione dello Spirito nel giorno di Pentecoste (cfr At 1, 14)”. (JUAN PABLO II, Rosarium Virginis Mariae 10).

Oggi la Chiesa si sente in dovere di promuovere una nuova evangelizzazione in tutto il mondo. Essa è la risposta di Dio ai problemi dell’uomo. Se la prima evangelizzazione “ha avuto i suoi strumenti privilegiati negli uomini e donne di vita santa”, l’attuale sarà possibile solo se sono evangelizzati coloro che sono chiamati ad essere i nuovi evangelizzatori: “solo una Chiesa evangelizzata è capace di evangelizzare”. E la santità di vita è la controprova evidente di un’evangelizzazione matura, perché è il suo effetto logico.

 Ebbene, evangelizzare è stato, fin dall’inizio della Chiesa, compito dei testimoni; il Vangelo è da sempre affidato a persone che avevano fatto del contenuto della loro predicazione esperienza personale previa: la santità è, in altre parole, “la chiave del rinnovato ardore della nuova evangelizzazione”.[2] La novità della missione evangelizzatrice dipende, dunque, dalla novità con cui il nuovo evangelizzatore vive la sua vita cristiana, novità che non nasce dall’accomodazione alla moda imperante o all’ideologia dominante, ma deriva piuttosto dalla sua radicale identificazione con il Vangelo, buona novella di Dio. I cristiani – e ancora più in particolare i religiosi – possono unirsi a questa nuova fase della Chiesa di oggi, partendo da una profonda esperienza di Dio.

 

Non ci mancano, per fortuna, i modelli che ispirano e incoraggiano questo sforzo per evangelizzare gli altri da una situazione precedente di evangelizzati. Maria è, senza dubbio, il modello migliore riuscito: Lei, donna di fede, è stata pienamente evangelizzata, è la più perfetta discepola ed evangelizzatrice. Lei è il modello di tutti i discepoli per la sua testimonianza di preghiera, di ascolto della Parola di Dio e di pronta e fedele disponibilità al servizio del Regno fino alla croce. Il valore esemplare di Maria, evangelizzatrice evangelizzata, non risiede tanto nella sua esperienza personale di Dio, esperienza storica -incorniciata in circostanze irripetibili-, e soggettiva -e, quindi, intrasferibile-, quanto nel mostrarci che una tale impresa è soggetta a un preciso cammino di fede, un vero pellegrinaggio di fede (cfr. LG 58), per il quale Lei ha avanzato e può avanzare qualsiasi credente.

 

Per esporre le tappe del cammino mariano di fede con più oggettività, dobbiamo ricorrere al racconto evangelico, ordinando di forma biografica gli episodi che ci narrano Luca e Giovanni. Ci fa pensare che siano stati solo loro, i due evangelisti più ‘recenti’, coloro che si sono interessati a Maria: i primi cristiani certamente hanno avuto bisogno, certamente, di esperimentare la distanza che li separava di Gesù e del suo tempo per recuperare la memoria di sua madre ed ammirare la sua fede. In caso di essere vera questa ipotesi, non si può evitare le conseguenze: se oggi, dopo 2.000 anni di distanza da Cristo Gesù, ci potrebbe riempire di motivi per sentirlo lontano, questa stessa distanza dovrebbe accumulare motivi di ritrovarci con Maria e, accanto a Lei, con suo figlio, nostro Signore.

La biografia spirituale di Maria che viene fuori potrebbe sembrare scarsa di notizie importanti e di situazioni portentose; e purtroppo è così. Ma meglio di inventare ciò che non sappiamo, dobbiamo ascoltare ciò che Dio ci dice su Maria o, più precisamente formulato, indovinare un po’ ciò che Dio vuole da noi a partire di quanto ci ha detto su di Lei. I racconti evangelici che ci parlano di Maria non sono cronaca della vita della Vergine di Nazareth; essi descrivono il comportamento di Dio: piuttosto che scoprire qualcosa su Maria ci rivelano tutto un Dio.

 

  1.     Pellegrina nella fede

Nell’incontro di Maria con la sua parente Isabella, subito dopo l’Annunciazione, la madre di Giovanni Battista la saluta: “Felice di te, perché hai creduto che le cose che ti sono state dette dal Signore si adempiranno!” 

Il Concilio Vaticano II, parlando della maternità di Maria, afferma che “ha ricevuto la Parola di Dio nel suo cuore e nel suo corpo”; “accettando la Parola divina, è stata fatta Madre di Gesù … non come un semplice strumento passivo, ma come una collaboratrice alla salvezza umana attraverso la libera fede e l’obbedienza” (LG 53.56).

 

          La fede come consegna totale a Dio

Nel racconto evangelico dell’Annunciazione, troviamo il modello più perfetto di fede umana. Spesso immaginiamo che Dio nostro Signore abbia manifestato alla ragazza di Nazareth tutto il suo piano di salvezza, allo scopo che lei, comprendendolo, lo accettasse e quindi collaborasse con lui. Non è stato così; né questa è la struttura della fede cristiana. Credere in Dio non è una conseguenza di aver capito ciò che vuole da noi, ma il contrario: quando Dio è accettato nella vita di una persona, questa accettazione è incondizionata, ed è ciò che rende possibile lungo tutta la propria esistenza possiamo capire tutto ciò che ci succede come espressione della volontà del Signore. Non è una fede irrazionale; persino nel campo umano, credere nell’amore di una persona è un punto di partenza per comprendere, nella sua profondità autentica, le sue azioni e le sue parole. San Anselmo ha brillantemente sintetizzato questo processo di fede: “credo per capire”. 

 

          Il cammino della fede 

A partire dall’Annunciazione, comincia per Maria “l’avventura della fede”: la sua intera esistenza è stata trasformata dall’invito di Dio a collaborare al suo piano per salvare tutti gli uomini, attraverso il Figlio che ha concepito nel suo seno verginale, Gesù, e risponde “con tutto il suo ‘io’ umano, femminile” (RM 13). Il Vangelo sottolinea la crescita di Maria nella comprensione del piano di salvezza di Dio; persino in diverse occasioni si dice che non capì immediatamente cosa stava accadendo (Lc 2,19) o cosa le era stato detto (Lc 2,33,51). Per cui, conservaba tutto ciò nel suo cuore, meditando su di esso. Non è possibile crescere nella fede senza questo atteggiamento di profondità spirituale, di cui Maria è l’esempio più bello.

Anzi, potremmo dire che colui che più ha aiutato Maria a maturare nella fede è stato il suo stesso Figlio, Gesù, che l’ha invitata a percorrere un cammino che va, dalla maternità fisica, alla pienezza di ciò che è già nello stesso punto di partenza, la maternità nella fede. 

 

          Tappe del cammino della fede

Da questa prospettiva, si possono contemplare i passaggi in cui appare posteriormente la Madre di Gesù. Giovanni Paolo II ha sottolineato questo processo nella sua enciclica “Redemptoris Mater” (RM). Riguardo al primo di questi testi evangelici, il ritrovamento dell’adolescente Gesù nel Tempio, il Papa ha scritto: “Anche quella, a cui era stato rivelato più profondamente il mistero della sua filiazione divina, sua Madre, viveva nell’intimità con questo mistero solo per mezzo della fede. Vivendo accanto al Figlio, sotto lo stesso tetto e mantenendo fedelmente l’unione con Lui, avanzava nel pellegrinaggio della fede … e questo è accaduto lungo la vita pubblica di Cristo: dove, giorno dopo giorno, si adempiva in lei, la benedizione pronunciata da Elisabetta” (RM 17).

Riguardo alle nozze di Cana (Gv 2, 1-11), il Santo Padre insisteva: “In questo evento si delinea chiaramente la nuova dimensione, il nuovo significato della maternità di Maria … Gesù cerca di contrastare la maternità, derivante dal fatto stesso della nascita, a ciò che questa “maternità” deve essere nella dimensione del Regno di Dio” (RM 21).

In questo stesso senso, dobbiamo comprendere i passaggi in cui sembra che Gesù disprezza sua Madre e che piuttosto intendono sottolineare questo processo della sua fede. In Lc 8, 19-21, quando informano Gesù: “Tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e vogliono vederti”, risponde: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la adempiono”. Giovanni Paolo II commenta: “Si allontana con ciò da quella che è stata sua madre secondo la carne? … Va notato, tuttavia, che la nuova e diversa maternità, di cui Gesù parla ai suoi discepoli, riguarda concretamente Maria in un modo molto speciale. Maria non è forse la prima tra “quelli che ascoltano la Parola di Dio e la adempiono”? (RM 20) 

Allo stesso modo, quando una donna del popolo vuole lodarlo, urlando: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”, Gesù risponde: “Beati piuttosto quelli che ascoltano la Parola di Dio e la osservano” (Lc. 11, 27). L’enciclica commenta: “Alla benedizione proclamata da quella donna rispetto a sua madre secondo la carne, Gesù … vuole distogliere l’attenzione dalla maternità intesa solo come legame della carne, per dirigerla verso quel misterioso legame dello spirito, che si forma nell’ascolto e nell’osservanza della Parola di Dio” (RM 20).

Ma soprattutto è nella scena della croce, come la presenta San Giovanni (Gv 19, 25-27), dove Gesù associa sua madre Maria nel suo radicale “svuotamento” (kenosis). È nella totale “spoliazione” della sua maternità fisica nei confronti di Gesù che diventa madre del Corpo mistico di Cristo, la Chiesa: poiché ogni cristiano è, in quanto “discepolo amato” del Signore, “figlio di Maria” “(Origene).

Ricordare le tappe del suo cammino di fede oggi può contribuire a mettere ordine nella nostra vita, ristabilendo il primato di Dio in essa e recuperando contemplazione e il servizio al prossimo come compiti apostolici. Ricorrere sotto la sua guida il suo cammino spirituale ci può convertire in compagni di avventura di Maria, la madre di Gesù. 

Ecco le tappe

  • NAZARETH (Lc 1,26-38): la propria VOCAZIONE, incontro con un Dio salvatore

Nazareth è la prima tappa dell’avventura di fede di Maria, il punto di partenza. Maria è stata scelta per essere madre: la vocazione antecede la maternità. La sua beatitudine non consiste nell’essere diventata la madre del suo Dio, ma nell’aver creduto e accettato (Lc 1,45): è diventata madre perché, e quando, si dichiarò serva (Lc 1,38).

  • AIN KAREN (Lc 1,39-56): la MISSIONE, risposta della serva beata

 Con la maternità appena inaugurata Maria si pone al servizio di una vecchia gravida (Lc 1,39). Avere Dio nel proprio grembo non l’allontana del prossimo bisognoso. La fede, che ha reso spazio a Dio nella propria vita, pone la vita a disposizione del fratello. Ed è lì, servendo, dove Maria prega. La preghiera della serva è un esercizio di contemplazione di Dio nella propria vita e l’affermazione della presenza salvifica di Dio nella storia del popolo (Lc 1,46-55).

  • BETLEMME (Lc 2,1-20) – GERUSALEMME (Lc 2,21-40): la CONTEMPLAZIONE, vedere il cuore delle cose con gli occhi del cuore

Essere madre di Dio non è stato per Maria un privilegio straordinario; è stata grazia immeritata, che ha avuto conseguenze inaspettate. A Betlemme è dovuta essere ‘evangelizzata’ da estranei. A Gerusalemme presentò a Dio il figlio della sua fede ed è stato ‘premiata’ con una spada nell’anima.

  • GERUSALEMME (Lc 2,41-52) – GALILEA (Lc 8,19-21; 11,27-28): La PERDITA del Figlio e riscoprirlo (di) nuovo

Quanto più cresceva il bambino a casa, più lo ‘perdeva’ la madre, perché cresceva in lui anche la consapevolezza di essere Figlio e il suo dovere di occuparsi delle cose del Padre. Inoltre, durante il ministero pubblico di Gesù, Maria è la grande assente: se va a vederlo, non è ricevuta; se non è con lui, non è benedetta …, se non fosse credente. Maria ha dovuto smettere di essere madre e continuare ad essere più credente.

  • CANA (Gv 2,1-11) – GERUSALEMME (Gv 19,25-27): accanto a Maria, sono possibili la FEDE e la FEDELTA’

Il quarto vangelo è molto breve su notizie su Gesù. Ma quelle che ci da’, sono assai preziose: la ‘madre di Gesù’ è all’inizio e alla fine del percorso storico dei discepoli; unita all’ora’ di Gesù si trova nel momento più felice, un matrimonio, e nel momento più desolato, la croce. In entrambi i casi, la sua presenza ha a che fare con la fede del discepolo.

  • GERUSALEMME (At 1,14): Maria, finalmente, TRA APOSTOLI che pregano

Maria termina il suo cammino di fede vivendo in comunità, tra gli apostoli che non sono ancora determinati ad adempiere il comando di Gesù, ma già stanno a pregare.

La ‘storia’ evangelica di Maria vale non tanto per ciò che ci dice su di essa, ma per quello che ci rivela di Dio; nella versione evangelica di Maria si riflette il vero volto del Dio vivente. La Maria del Vangelo è, in questo senso, icona del nostro Dio: ciò che Dio è stato per Maria continua a voler essere per ciascuno di noi

 

          Culmine della via della fede

Il culmine di questa maternità messianica nella e attraverso la fede si trova nell’ultimo passaggio biblico che parla di Maria: il libro degli Atti, nel presentare gli apostoli riuniti nel Cenacolo, in attesa dello Spirito Santo, ci dice che “tutti perseveravano nella preghiera, con lo stesso spirito, in compagnia di alcune donne, di Maria, la Madre di Gesù e dei suoi fratelli” (Atti 1:14): Maria sta presente all’origine della Chiesa, come era stata presente nell’incarnazione del Figlio di Dio in un modo molto speciale e unico. “Nell’economia della grazia … c’è una particolare corrispondenza tra il momento dell’incarnazione della Parola e quello della nascita della Chiesa. La persona che unisce questi due momenti è Maria: Maria a Nazareth e Maria nel Cenacolo di Gerusalemme. In entrambi i casi la sua presenza discreta ma essenziale indica la via della “nascita dello Spirito”. Così, quella che è presente nel mistero di Cristo come Madre, si rende – per volontà del Figlio e per opera dello Spirito Santo – presente nel mistero della Chiesa” (RM 24).

La “storia” evangelica di Maria vale non per quanto ce ne parli, ma a causa di ciò che ci rivela di Dio; nella versione evangelica di Maria si riflette il volto autentico del Dio vivente. La Maria del Vangelo è, e in questo senso, icona del nostro Dio: ciò che Dio è stato per Maria continua ad essere per ciascuno di noi.

 

  1.     Madre ed educatrice della fede

 

Il titolo più grande che possiamo attribuire alla Vergine Maria è quello che la Chiesa, fin dai primi secoli, l’ha tributato: Maria, Madre di Dio, poiché “quando arrivò la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio, nato da donna … affinché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4, 4-5).

Cosa significa questa maternità di Maria? Indubbiamente, la ridurremmo se la riducessimo solo alla maternità fisica, per il fatto d’essere stata colei che concepì verginalmente e diede alla luce il Figlio di Dio fatto uomo. Se fosse così, la maternità resterebbe al di sotto riguardo al ruolo che ogni madre umana compie nei confronti dei bambini che Dio le dà.

          Incarnazione del figlio di Dio e maternità

Per comprendere correttamente il ruolo materno di Maria nei confronti di suo Figlio Gesù in tutta la sua ricchezza, dobbiamo partire dal mistero centrale della nostra fede, l’incarnazione. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio” (Gv 3:16), che “spogliò sé stesso, assumendo la forma di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2, 7), “provato in tutto come noi, fuorché nel peccato” (Eb 4, 15) La tradizione della Chiesa, a partire dal testo di Flp., chiama kenosis (una parola greca che significa svuotamento, annientamento) a questo mistero dell’Amore di Dio, per il quale il Padre celeste manda suo Figlio a condividere la nostra esistenza umana in tutto, tranne che nel peccato: spogliandosi delle prerogative divine che gli impedivano di essere veramente ‘uno di noi’.

Questa radicale umanità dell‘Emmanuel’ (Dio-con-noi), Gesù Cristo, implica una caratteristica essenziale dell’uomo: la storicità, il fatto che l’essere umano “si va facendo” lungo tutta la vita, che non è mai un essere già ‘finito’. È una caratteristica che è presente anche in Gesù, di cui il Vangelo dice: “cresceva in età, sapienza e grazia, davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2, 52).

Questa prospettiva getta una luce meravigliosa su Maria, che ha la missione di ‘educare’ Gesù, di sviluppare le potenzialità del suo essere umano, in un modo simile a come lo fa una madre con i suoi figli. Indubbiamente, una madre non ‘crea’ queste capacità, ma piuttosto le ‘risveglia’, per così dire, dal momento che ogni essere umano, come un seme che porta con sé la capacità di diventare un albero frondoso e fruttuoso, ha una ‘personalità’ sua propria.

          Coscienza filiale di Gesù

Il caso di Gesù è unico, perché il suo nucleo più profondo, ciò che costituisce il suo essere eterno, è l’essere Figlio del Padre celeste. Questa filiazione divina si sviluppò umanamente in lui, grazie all’azione di Maria e, senza dubbio, anche di San Giuseppe, che interpreta la figura 

paterna all’interno della Sacra Famiglia di Nazareth: un ruolo indispensabile, insieme all’azione della madre, per la piena maturazione di un uomo.

Questa consapevolezza di Gesù di essere il Figlio di Dio è chiaramente presentata dai Vangeli, proiettandola anche nei primi anni della sua vita. All’età di dodici anni, in occasione della sua perdita e del ritrovamento nel tempio, Gesù dice a Maria e Giuseppe: “Perché mi cercavate? Non sapevate che dovevo prendermi cura delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 49). La risposta del Signore non è sprezzante verso di loro, ma piuttosto denota l’educazione che da loro stessi ha ricevuto, da loro che indubbiamente collocarono sempre alla base della sua vita la ricerca e l’adempimento della volontà di Dio: sia Giuseppe (Mt. 1, 20-24), come Maria (Luca 1:38).

 

          Atteggiamenti della maternità educativa di Maria

Quindi, invocare Maria come “Madre di Dio” non è solo un titolo che esalta la sua grandezza, ma ci invita, specialmente le madri cristiane, a imitarla, insieme ai suoi mariti, nei grandi atteggiamenti che ha saputo sviluppare nel suo figlio Gesù.

Il primo di questi è l’accettazione incondizionata della volontà di Dio, che la porta ad esclamare: “Ecco la serva del Signore; si compia in me la tua parola” (Lc 1,38). Questa attitudine, riflessa nel passaggio sopra menzionato di Gesù, risalta nella sua vita adulta: il suo cibo è “fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4, 34). Nell’orto degli ulivi, durante la tremenda agonia prima della sua Passione, esclama: “Abbà, Padre! Tutto è possibile per te: apparta da me questo calice; ma non sia quello che io voglio, ma quello che vuoi Tu” (Mc 14, 36). L’espressione umana del suo carattere di Figlio di Dio è, appunto, la sua radicale obbedienza al Padre: e questo lo ha vissuto nella sua casa a Nazareth.

Un secondo atteggiamento, strettamente legato al precedente, è la ricerca della stessa volontà divina, vivendo in profondità tutti gli avvenimenti, e superando la superficialità con cui a volte portiamo avanti la nostra vita: ciò ci rende incapaci di scoprire ciò che Dio ci sta dicendo attraverso i ‘segni dei tempi’. Da Maria invece ci viene detto in diverse occasioni che, di fronte a eventi il cui significato non comprendeva, “custodiva tutte queste cose e le meditava nel suo cuore” (Lc 2, 20.33.51).

Senza questo atteggiamento, il precedente è impossibile: chi vive superficialmente, molto bene può essere disposto a fare ciò che Dio vuole da lui; ma non lo saprà mai. Gesù adulto, in moltissime occasioni, e in particolare quando ha dovuto prendere una decisione, si ritirava a pregare con il Padre, in solitudine. Da questa ricerca della volontà del Padre e dalla sua accettazione incondizionata sgorgava il suo atteggiamento di libertà dinanzi agli altri, una libertà che tanto impressionava i suoi contemporanei, e scandalizzava i suoi nemici. Anche qui troviamo, senza dubbio, la presenza educativa di Maria.

Infine, i Vangeli ci presentano un tratto caratteristico e centrale nella madre di Gesù: il suo profondo amore per gli altri, che si manifestava nella sua capacità di servizio, umile e concreto: si reca premurosa per aiutare la cugina Elisabetta, quando sa che essa può avere bisogno di lei; allo stesso modo, la sua sollecitudine alle nozze di Cana (Gv 2, 1-11). È stata una scuola insuperabile per Gesù, chi, da adulto, dice ai suoi discepoli: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). In un momento così importante come quello dell’Ultima Cena, San Giovanni presenta corno gesto che ‘anticipa’ e simboleggia la consegna totale del Signore nella sua morte in croce, la lavanda dei piedi, il servizio più radicale che si potrebbe immaginare.

Conclusione

Maria è Madre di Dio e Madre di tutti gli uomini: per questa ragione, Ella vuole educare in tutti noi gli stessi atteggiamenti che ha saputo sviluppare in Gesù. In particolare, le madri cristiane, che sono le prime educatrici della fede dei loro figli, hanno in Maria un meraviglioso modello di formazione umana e cristiana.

PREGHIERA

Signore, Dio nostro, che hai scelto Maria, l’umile ragazza di Nazareth, per collaborare con te nella salvezza degli uomini, essendo la Madre del tuo Figlio, Gesù Cristo, e le hai concesso la pienezza della tua grazia, alla quale ha risposto liberamente, con l’obbedienza della fede e una consegna totale: aiutaci a saper accettarti nella nostra vita, affinché, guidati dallo Spirito Santo e con la materna intercessione di Maria, possiamo crescere nella maturità della nostra fede e meritare la beatitudine della Signore: “Beati quelli che ascoltano la Parola di Dio e la compiono”. Per lo stesso Signore nostro Gesù Cristo. Amen.

 

Don Pascual Chávez V., SDB

[1] (CIVCSVA, Caminar desde Cristo. Un renovado compromiso de la Vida Consagrada en el Tercer Milenio 23; cf. NMI 16).

    [2]GIOVANNI PAOLO II, Omelia a Salto, Uruguay, 09.05.88.

Potrebbe piacerti anche ...