E c’era la madre di Gesù (Gv 2,1). Icone biblico-mariane di accompagnamento

Ko Ha Fong Maria

Ko Ha Fong Maria

La presentazione biblica di Maria ha per me, cinese, qualcosa di simile a un dipinto sulla seta con le caratteristiche tipiche della pittura tradizionale dell’estremo oriente: poche pennellate, molto spazio bianco, colori tenui, contorni non totalmente definiti, soggetti semplici e senza pretesa, atmosfera di sacro silenzio. Le poche pennellate cadono armoniosamente in posti appropriati e sprizzano energie; grazie ad esse anche lo spazio bianco diventa denso di significato. Il tutto invita a trascendere, a lanciarsi verso l’infinito, a spiare il mistero, a fare esperienza dell’oltre, a dilatarsi nel bello, a percepire una presenza.

I pochi racconti evangelici su Maria formano, con il molto spazio bianco che li circonda, un tutto armonioso, dinamico, affascinante. De Maria numquam satis: non solo il parlare di Maria è inesauribile, ma anche la contemplazione dei pochi tratti evangelici su Maria non ha mai fine. Le seguenti riflessioni sono frutto di una delle infinite contemplazioni di questo bellissimo capolavoro del Signore; vogliono cogliere in particolare come Maria “accompagnata” da Dio in tutta la sua esistenza, accompagna con sapienza e sollecitudine materna il “pellegrinare” di tutta l’umanità verso la sua meta finale. L’articolazione è la seguente: in un primo momento lo sguardo d’insieme si estende a tutta la storia della salvezza e cerca di cogliere la presenza e l’accompagnamento di Maria in questo ampio orizzonte. In un secondo momento, l’attenzione è focalizzata su alcune icone bibliche dove la figura di Maria – docile discepola accompagnata da Dio e saggia maestra e madre che accompagna altri a Dio – emerge particolarmente luminosa.

  1. La macrovisione
  2. 1. Maria accompagna la realizzazione del disegno salvifico di Dio

Con il capitolo VIII della Lumen Gentium, che ha inserito Maria «nel mistero di Cristo e della Chiesa», il Concilio Vaticano II ha segnato una svolta decisiva e irreversibile nella mariologia. Si è infatti convinti che, per approfondire la figura e la missione di Maria, occorre partire dalla sua posizione all’interno di tutto il progetto divino rivelato nella storia della salvezza. Questa convinzione ha aperto ampi orizzonti e nuove prospettive nella lettura della Bibbia e il risultato che ne deriva è splendido. Contemplando il disegno salvifico di Dio rivelato nella Bibbia, non è difficile scorgere come esso misteriosamente converga sulla persona di Maria. La Lumen Gentium non esita ad affermare che Maria, «per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede»[1]. Anche Giovanni Paolo II, nella sua enciclica mariana presenta Maria «come uno “specchio” in cui si riflettono nel modo più profondo e più limpido “le grandi opere di Dio”» [2]

Dalla contemplazione di Maria inserita nella storia della salvezza si arriva così a contemplare la storia della salvezza concentrata in Maria. Il mariologo Stefano de Fiores descrive Maria quale «microstoria della salvezza», «raccordo, concentrazione e sintesi delle vie storico-salvifiche»; «Le vie divine infatti passano da lei, che diviene come un incrocio stradale dove è possibile discernere e trovare riuniti i modi di agire di Dio nella storia»[3].

Ad analoghe conclusioni giunge Bruno Forte, dopo lo studio della testimonianza del Nuovo Testamento su Maria: «Nella sobrietà di quanto Maria è, si densifica la totalità della storia della salvezza e dei molteplici rapporti che la intessono: si potrebbe perciò compendiare il messaggio della Scrittura intorno alla Vergine Maria dicendo che ella è l’icona dell’intero mistero cristiano […]. Maria nella Scrittura […] manifesta la Scrittura in Maria; la totalità del disegno salvifico di Dio si offre nel frammento della donna di Nazaret, scelta dall’Eterno come madre del Figlio venuto fra noi»[4].

Già nel VII secolo Giovanni Damasceno arriva a simile intuizione quando scrive: «Il nome della Madre di Dio contiene tutta la storia dell’economia divina in questo mondo»[5]. Quale  epifania dell’economia divina, Maria accompagna il cammino dell’umanità lungo tutta la storia.

1.2. Maria accompagna lo sviluppo della storia dell’umanità

 “Dalla Genesi all’Apocalisse [Maria] accompagna la rivelazione del disegno salvifico di Dio nei riguardi dell’umanità”, afferma Giovanni Paolo II nella sua enciclica mariana[6]. Inserita in Cristo, «l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine» (Ap 22,13), e la «ricapitolazione di tutte le cose» (Ef 1,10), Maria partecipa anche a questa pienezza di presenza nel progetto salvifico.

La rivelazione biblica allude a questo attraverso il «segno della donna» che appare al principio e alla fine della storia. Nella Genesi, nel brano chiamato dalla tradizione il “protovangelo”, Dio, dopo il peccato degli uomini, pronuncia la sentenza sul serpente: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gn 3,15). In Apocalisse 12 la storia viene presentata nella visione di una lotta accanita. Da una parte c’è la donna, vestita di sole, incinta e in preda alle doglie del parto, dall’altra appare il drago distruttore, che tenta di divorare il bambino nascente. Alla fine la vittoria è della donna e il drago rimane sconfitto.

La promessa è annunciata e realizzata dalla donna e dalla sua discendenza. Chi è questa donna? Nonostante la complessità del testo dal punto di vista storico-esegetico e la molteplicità di approcci interpretativi, rimane innegabile che la realtà di Maria, la donna che è la madre del Messia, illumina “il segno della donna” e ne esprime il senso più pieno[7].

Come donna dell’inizio, Maria è segno di speranza, portatrice della promessa salvifica. Come donna del compimento, ella è segno della vittoria definitiva di Dio su Satana, del bene sul male, della luce sulle tenebre, dell’amore sull’odio, della speranza sull’angoscia, della gioia sulla tristezza, della vita sulla morte. Dalla donna dell’inizio alla donna del compimento, dall’aurora che precede il sole alla donna vestita di sole, la direzione della storia è chiaramente segnata dalla speranza. La Chiesa, pellegrinante in questa storia tra difficoltà e prove, guarda a Maria che brilla dinanzi a lei «quale segno di sicura speranza e di consolazione»[8], certa della sua guida ed accompagnamento.

Maria non segna solo il “punto alfa” e il “punto omega” della storia, ma anche la sua svolta, il suo centro, il “punto chiave” da dove scatta la vera novità. Si tratta di quel punto così descritto da Paolo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio, nato da donna …» (Gal 4,4). L’irrompere del nuovo nella storia della salvezza segna un cambiamento d’epoca, una svolta nel destino di tutta l’umanità. E Maria si trova protagonista e testimone di questo momento unico e decisivo, un momento tanto atteso e denso di mistero. «Con lei, eccelsa Figlia di Sion, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura una “nuova economia”»[9].

Maria accompagna lo sviluppo della storia umana dal suo inizio alla sua svolta decisiva fino al suo compimento finale. Nella storia bimillenaria della Chiesa Maria è sempre stata discretamente, ma sensibilmente, presente. Ella ha accompagnato la Chiesa nel suo diffondersi e consolidarsi, nelle sue difficoltà e sofferenze, nelle sue gioie e speranze, ha accompagnato il nascere e crescere di molti carismi e iniziative feconde all’interno della Chiesa, ha accompagnato il maturarsi di molte decisioni vitali e molti progetti di rinnovamento. Perciò Paolo VI ha potuto constatare come «tutti i periodi della storia della chiesa hanno beneficiato e beneficeranno della maternità della madre di Dio, poiché ella rimarrà sempre indissolubilmente congiunta al mistero del corpo mistico, del cui capo è stato scritto: Gesù Cristo ieri e oggi, lo stesso: anche per i secoli».[10]

1.3. Maria accompagna la realizzazione della vocazione umana

Nella donna della Genesi e nella donna dell’Apocalisse è segnato non solo tutto il progetto salvifico di Dio, ma anche la vocazione di ogni essere umano e il suo itinerario per raggiungere Dio. Oltre ad essere riflesso di ciò che Dio fa per l’uomo, Maria è anche la più chiara manifestazione di ciò che l’uomo può diventare se accetta di collaborare con Dio.

Le tre supreme realtà della vita di Maria, definite dalla Chiesa come dottrina di fede e celebrate dalla liturgia come solennità – l’immacolata concezione, la divina maternità e l’assunzione in cielo – illuminano questo progetto.

Nel mistero dell’Immacolata, Maria si presenta come pura gratuità pienamente accolta. In lei tutta la creazione viene ricondotta alle sue origini, alla sua iniziale bellezza e innocenza. In particolare per l’uomo, l’Immacolata manifesta la dignità e la vocazione umana pensata da Dio fin dalla creazione. Ciò che Adamo e Eva avrebbero dovuto, ma non hanno potuto realizzare, ora rifulge in Maria in pieno splendore.

Anche il suo accettare d’essere madre di Dio la rende paradigma della vocazione umana. Se ogni essere umano è chiamato a «conformarsi all’immagine del Figlio di Dio» (Rm 8,29), chi meglio di Maria può realizzare questa vocazione? Chi più di lei riesce a conformarsi  al Figlio di Dio che ha voluto diventare Figlio suo? Anche Dante vede in lei «la faccia che a Cristo più si somiglia»[11]. Se Cristo è il principio di una nuova umanità, «l’uomo nuovo» (cf 1Cor15,20-22; 45-49; Rm 5,12-21), Maria è la donna nuova, primizia della nuova creazione, l’immagine dell’umanità redenta da Cristo. Così afferma Paolo VI: «[Maria,] la donna nuova, è accanto a Cristo, l’uomo nuovo nel cui mistero solamente trova vera luce il mistero dell’uomo, e vi è come pegno e garanzia che in una pura creatura, cioè in lei, si è già avverato il progetto di Dio, per la salvezza di tutto l’uomo»[12].

L’Assunzione di Maria è la conseguenza della sua unione perfetta col Figlio, che ha promesso a tutti coloro che lo amano: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io» (Gv 14,3). Allo stesso tempo Maria Assunta è la primizia e l’anticipazione dell’umanità salvata dalla morte e perfettamente configurata con la risurrezione di Cristo. Guardano a Maria si comprende a quale speranza l’uomo è chiamato, quali tesori di gloria Dio gli riserva (cf Ef 12,18). Ben lungi dall’ essere un’eccezione dell’umano, Maria ne è l’esemplare. Ella ricorda come doveva essere l’uomo, se fosse stato fedele a Dio, e profetizza come può diventare e dove può arrivare se accetta di camminare nella sequela di Cristo.

Quale paradigma della vocazione umana, modello dato da Dio a tutta l’umanità, Maria accompagna il cammino di ogni persona umana verso la metà attraverso le gioie e i dolori della vita. In lei si scopre la bellezza della vera immagine dell’uomo e della donna, a lei si ispirano itinerari di fede e di santità, su di lei si fondano progetti pluriformi per promuovere la vita umana in diverse epoche della storia.

  1. Alcuni tratti dalle icone bibliche

2.1. «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1, 28). Maria accompagnata da Dio

Siamo davanti alla scena chiamata tradizionalmente dell’ “annunciazione”. Il racconto di Luca richiama alcuni modelli dell’Antico Testamento: il modello della vocazione-missione[13], quello dell’annuncio di una nascita[14], e in particolare, il modello dell’Alleanza sul Sinai[15]. Questo affondare le radici nell’Antico Testamento dà al racconto dell’Annunciazione una tonalità particolare: ciò che sta accadendo ora è in continuità con gli eventi del passato, indice dell’amore di un Dio fedeltà, e continuità nel contempo trascesa a motivo della novità prorompente.

Nella dinamica del dialogo, l’angelo parla tre volte riferendosi direttamente a Maria: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (v.28);  «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (v.30); «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (v.35). A nessun altro personaggio biblico viene assicurato in modo così esplicito e insistente la presenza e l’accompagnamento di Dio.

Il saluto chaire : rallegrati, esulta, gioisci, è usato nell’Antico Testamento sempre in contesto di una profezia messianica (cf Sof 3,14-15; Gl 2,21.23; Zc 9,9). La “Figlia di Sion”, Gerusalemme, veniva invitata ad esultare per la venuta e la presenza in mezzo a lei del suo Dio. Ora Maria è chiamata a gioire per la stessa ragione: il Signore viene a lei, prende dimora in lei, per adempiere in questo modo la promessa messianica. Nel saluto, al posto del nome proprio troviamo l’originale appellativo kecharitōménē, che si presenta come un nome particolare dato a Maria da Dio stesso. Kecharitōménē è formato dalla radice cháris (grazia, amore, favore, dono) e può essere tradotto così: “Tu che sei stata colmata di grazia da Dio”, o “tu che sei sempre amata da Dio”, “tu che sei stata e rimani colmata dal favore divino”. Tutta l’esistenza di Maria è posta sotto la benevolenza, il compiacimento di Dio che l’accompagna sempre. Ciò viene ribadito, rafforzato ed esplicitato nella seconda parola dell’angelo: «hai trovata grazia presso Dio». Maria si trova immersa in una forte corrente di amore, la sua vita è trasportata da un flusso di gratuità che proviene da Dio. «Maria è la persona che Dio ha voluto gratificare della sua benevolenza, in modo che ella ne fosse compenetrata stabilmente nel proprio essere, per rispondere degnamente alla sua vocazione di madre del Cristo, Figlio di Dio»[16].

Nell’Antico Testamento la formula «io sono/sarò con te», o «il Signore è con te» è garanzia di assistenza e di accompagnamento da parte di Dio. È spesso indirizzata agli eletti di Dio in vista della missione alla quale sono chiamati: A Isacco Dio assicura la sua presenza durante il tempo difficile della carestia (Gn 26,3); nella visione di Betel Giacobbe riceve la garanzia dell’aiuto divino per prendere quella terra in possesso (Gn 28,15); Mosè sarà assistito da Dio per far uscire dall’Egitto il popolo d’Israele (Es 3,11-12; 4,12); così Giosuè per il passaggio del Giordano (Gs 1,5). L’affermazione torna poi nel racconto della vocazione di Gedeone (Gdc 6,12) e di alcuni profeti (come Ger 1,8). Anche l’espressione «non temere …» è ricorrente nelle teofanie (Gn15,1; 21,7; Dn 10,12,19 ecc.). Ora queste parole rassicuranti vengono rivolte a Maria in senso più reale e più profondo.

All’annuncio della nascita subentra, nella domanda di Maria «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?», la richiesta di un’ulteriore chiarificazione sul “come” di tale nascita. La risposta all’obiezione di Maria è : « Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra». Lo Spirito che «scenderà sopra» (cf 1Sam 16,13; Is 32,15; At 1,8) e lo Spirito che «coprirà con la sua ombra» sono immagini estremamente suggestive. Evocano varie immagini altrettanto suggestive dell’Antico Testamento: quella dello Spirito creatore paragonato ad un uccello che cova la materia informe per farne nascere la vita (Gn 1,2); quella di Dio che protegge con premura le sue creature sotto le sue ali (Sal 9,4; 140,8), quella dei cherubini che ricoprono con le loro ali l’arca dell’alleanza (Es 25,20; 1Cr 28.18); quello della nube che copre la tenda del convengo (Es 40,34-35) e il tempio di Gerusalemme (1Re 8,10-12). Ora, lo Spirito Santo, Potenza dell’Altissimo, coprendo Maria con la sua ombra, la rende feconda di una vita nuova, la rende madre del Nuovo Adamo, del Figlio di Dio incarnato.  «Lo Spirito “crea” in Maria l’umanità di Cristo» il quale inaugura i tempi nuovi della salvezza[17]. La mistica nube dello Spirito fa di Maria la nuova arca dell’alleanza, nuovo tempio dentro cui dimora Dio. Lo Spirito accompagnerà Maria lungo tutta la sua vita, la disporrà a pronunciare il fiat, l’aiuterà a scoprire e ad esultare per le «grandi cose fatte dal Signore» (Lc 1,49), le darà sapienza per «custodire tutte le cose meditandole nel cuore» (Lc 2,19.51),  la renderà testimone profetica, penetrando nel mistero di Cristo, le darà forza per stare sotto la croce partecipando al dolore del Figlio, la renderà madre e maestra che accompagna la Chiesa lungo tutto il suo cammino nel mondo e nella storia.

2.2.  «Gesù cresceva in sapienza, età e grazia …» (Lc 2,52). Maria accompagna Gesù

Nel racconto della nascita di Gesù, Luca riporta il gesto delicato di Maria: «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia» (Lc 2,7). È un gesto semplice che esprime tutto l’affetto materno, tenero e rispettoso di Maria verso questo bambino che è figlio di Dio e figlio suo[18]. Quando poi l’angelo annuncia la buona notizia della nascita del bambino ai pastori, darà loro questo come segno: «troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,13). Maria e Giuseppe sono i genitori (Lc 2,27.43) di questo figlio singolare che costituisce il centro della loro premura e il senso della loro vita. Essi si trovano coinvolti in questo mistero nascosto da secoli nella mente di Dio e che è diventato realtà davanti ai loro occhi: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Sono i primi testimoni di questa nascita, avvenuta in condizioni umili e povere, primo passo di quell’«annientamento» (cf Fil 2,5-8), che il Figlio di Dio liberamente sceglie per la salvezza di tutta l’umanità. E questo bambino è affidato alla loro cura.

L’amore tenero della madre espresso nel momento della nascita accompagnerà il figlio in ogni fase della vita. Maria è infatti «unita a Gesù da uno stretto e indissolubile vincolo»[19]. «Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto dipende da lui»[20], dice Paolo VI facendo l’eco all’affermazione del Vaticano II. In lei e da lei Gesù, ancora nascosto nel grembo materno, viene condotto a Giovanni ed Elisabetta; infante, viene da lei mostrato ai pastori, ai magi d’Oriente, agli anziani Simeone e Anna; nelle sue mani viene offerto al Padre nel tempio; ormai adulto, viene da lei indicato come la Parola a cui obbedire. Nel momento culmine della vita di Gesù, nel momento supremo dell’offerta di sé, Maria partecipa sotto la croce allo sconvolgente mistero dell’annientamento e della morte «soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata»[21].

L’accompagnamento di Maria non si limita ai momenti importanti della vita di Gesù, ma si realizza anche e soprattutto nel quotidiano. Dei lunghi anni di Gesù a Nazaret il racconto degli evangelisti è molto scarno. Abbiamo soltanto alcune pennellate e tanto spazio vuoto, tanto che è invalso l’uso di chiamare questo periodo «gli anni oscuri di Gesù»[22]. Ma quel poco che Luca dice è straordinariamente denso: « Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui» (Lc 2,40); «Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso.[…] E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 51-52). Insieme con Giuseppe, Maria lo educa[23], lo inizia a capire se stesso e a discernere la volontà di Dio su di lui, lo introduce alla conoscenza del mondo, della società, delle tradizioni, della Legge e di tutte quelle piccole cose che sono frutto di saggezza e di esperienza, e che solo possono essere trasmesse solo dalla madre. È interessante notare questo: insieme alla descrizione della crescita di Gesù, Luca dice anche qualcosa riguardo a Maria: «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2, 51). Si tratta di una crescita insieme, un accompagnamento reciproco, madre e figlio, in aiuto vicendevole: Maria aiuta Gesù a crescere «in sapienza, età e grazie» e Gesù aiuta sua madre a crescere in memoria, accoglienza, riflessione, grandezza di mente e di cuore, nella partecipazione sempre più cosciente e profonda al mistero della salvezza.

Durante il periodo di vita a Nazaret, un solo episodio della vita di Gesù adolescente viene raccontato da Luca: quello della Pasqua a Gerusalemme, quando Gesù aveva dodici anni. Il viaggio alla città santa di Gesù dodicenne segna una tappa della crescita di Gesù, è l’anticipazione di un altro viaggio a Gerusalemme che culminerà nella sua Pasqua, segna anche una tappa nell’accompagnamento reciproco tra madre e figlio.

 Ritrovato Gesù nel tempio dopo la perdita e tre giorni di ricerca ansiosa, Maria gli domanda: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). Alla domanda della madre, Gesù dà per risposta due altre domande: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Egli ha un «deve» nel disegno del Padre, con la crescita in età e in sapienza egli cresce soprattutto nella coscienza della sua missione. Anche Maria cresce nell’accoglienza dell’identità di Gesù – questo figlio che ella ha avvolto in fasce alla nascita non è solo figlio suo – e cresce nella consapevolezza d’essere anche lei depositaria del mistero di Dio; lo sapeva già fin dal momento dell’annuncio dell’angelo, ora tutto appare più vivo e reale, e allo stesso tempo più duro e più incomprensibile. Accanto al suo Figlio anche Maria ha un «deve» nelle cose del Padre. Questo episodio mostra che per Maria, accompagnare Gesù non è stato sempre facile. Maria ha degli umanissimi «perchè» (Lc 2,49), e di «non comprensione» (Lc 2,50); non comprende subito, ma si lascia com-prendere, si apre al mistero lasciandosi coinvolgere e rispettando i ritmi della rivelazione storica di Dio. In questo senso Giovanni Paolo II ha potuto affermare: Maria, per tutta la sua vita era «in contatto con la verità del suo Figlio solo nella fede e mediante la fede»[24]. Il cammino di fede di Maria conosceva «una particolare fatica del cuore»[25]. «Ma a mano a mano che si chiariva ai suoi occhi e nel suo spirito la missione del Figlio, ella stessa come Madre si apriva sempre più a quella “novità” della maternità, che doveva costituire la sua “parte” accanto al Figlio»[26]. La madre è allo stesso tempo maestra e discepola, Maria e Gesù si accompagnando reciprocamente crescendo insieme nella conformità alla volontà di Dio.

2.3. «Entrata nella casa di Zaccaria …» (Lc 1,40). Maria accompagna la vita degli altri

Nella mariologia contemporanea la dimensione relazionale della persona di Maria emerge come una pista importante e per la riflessione teologica e per la vita della Chiesa[27]. La categoria della relazione diventa una chiave feconda anche per l’interpretazione biblica. Alla Scrittura, infatti, non sfugge che la personalità umana si struttura anche in interazione con l’ambiente circostante e soprattutto con l’interazione con le altre persone. Nei pochi brani evangelici che parlano di lei Maria appare dotata di identità forte che la rende ricca di iniziativa, sicura nelle decisioni e pronta nell’azione. È soggetto attivo in prima persona: muove i passi verso la montagna di Giuda, va incontro alle persone; partecipa alle feste, prende liberamente l’iniziativa porgendo il suo aiuto, accompagna la vita degli altri con amore premuroso.

Il racconto della visitazione segue immediatamente quello dell’annunciazione. Sfidando la distanza e i disagi, Maria intraprende con sollecitudine il viaggio verso la casa di Zaccaria ed Elisabetta. Quello che riempie il suo cuore dà ali ai suoi piedi. Ormai il registra della sua vita, la forza muovente di ogni sua azione è la «potenza dell’Altissimo» (Lc 1,35) che l’avvolge. Adombrata dallo Spirito Santo e con il Figlio di Dio dentro di sé, Maria è capace di irradiare quella forza che ella sperimenta profondamente; visitata da Dio, ora diventa visita di Dio per gli altri; la «serva del Signore» (Lc 1,38) si fa ora serva degli uomini.

Con il suo camminare per vie scomode per raggiungere l’altro a casa sua, Maria inaugura lo stile di Dio, lo stile di servizio, di abbassamento, di accompagnamento semplice e familiare, di solidarietà verso chi ha bisogno. In lei il Dio incarnato si fa il Dio che entra nella trama umana e permea di sé anche la sfera del quotidiano. La salvezza acquista tonalità domestica. «Oggi devo entrare in casa tua», «Oggi la salvezza è entrata in questa casa» (Lc 19, 5.9): ciò che Gesù dirà più tardi nell’incontro con Zaccheo è in qualche modo realtà anticipata per mezzo di Maria.

La scena dell’incontro di Maria con Elisabetta è profusa di bellezza e di delicatezza femminile. «Nell’episodio della visitazione gli uomini – scribi, sacerdoti, militari, funzionari civili…- sembrano essere stati messi da parte. Nel momento in cui il tempo giunge a pienezza (cf Gal 4,4; Ef 1,10), le protagoniste sono due donne: Elisabetta, della tribù di Aronne, moglie del sacerdote Zaccaria (cf Lc 1,5); Maria, di tribù sconosciuta, promessa sposa di Giuseppe della casa di David (cfLc 1,27; Mt 1,18.20). Ambedue sono incinte: Elisabetta per un “intervento di grazia” del Signore (cf Lc 1,13.24-25); Maria per opera dello Spirito santo (cf Lc 1,34-35); Elisabetta , sterile e anziana, porta in grembo il precursore; Maria reca nel seno verginale il Messia salvatore».[28]

Maria ed Elisabetta: due donne protese verso il futuro del loro grembo, due donne che custodiscono dentro di sé un mistero ineffabile, un miracolo stupendo. La coscienza d’essere rese oggetto di particolare predilezione di Dio le unisce, la missione comune di collaborare con Dio per un progetto grandioso le entusiasma e le fa esplodere in benedizione e in canto di lode, l’esperienza della maternità prodigiosa le rende solidali. Il prodigio di Dio in Elisabetta è stato per Maria un «segno» che l’ha aiutata a pronunciare il suo fiat; ora il prodigio di Dio in Maria è segno per Elisabetta, un segno che suscita in lei una confessione di fede. Così le due donne sono, l’una per l’altra, luogo di scoperta di Dio, epifania della sua grandezza e motivo per cui lodarlo e ringraziarlo. Nel riconoscersi reciprocamente come segno di Dio, la loro comunicazione, densa di intuizione e di intesa profonda, permeata dal rispetto per il mistero, si fa benedizione, si fa canto e poesia. Abbiamo in questo incontro un modello meraviglioso di accompagnamento reciproco.

Nell’incontro delle due donne si incontrano anche i due bambini nel grembo materno: Gesù, «Figlio dell’Altissimo» (Lc1,32) e Giovanni, «profeta dell’Altissimo», che «camminerà davanti al Signore a preparargli le strade» (Lc 1,76). I due bambini s’incontrano alla soglia di due epoche, al limite tra l’antica e la nuova alleanza, tra la promessa e l’adempimento, tra l’attesa e la realizzazione. Alla presenza del suo Signore e all’udire la voce di sua madre, Giovanni sussulta di gioia. Si ha qui il sussulto dell’ «amico dello sposo» (Gv 3,29), il giubilo del Precursore per l’irrompere del tempo messianico.

Il Dio che entra nella casa degli uomini per mezzo di Maria è un Dio della vita e della gioia. La presenza di Maria emana gioia contagiosa, fa esultare un bambino nel grembo materno, rende felici gli anziani. «I giovani e i vecchi gioiranno. Io cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici» (Ger 31,13). I bambini che nascono e gli anziani che giungono alla pienezza della loro vita si incontrano e si uniscono nell’esultanza lodando lo stesso Dio che  è «amante della vita» (Sap 11,9) e che «gioisce per le sue opere» (Sal 104,31).

Lungo tutta la sua vita Maria continua a moltiplicare e diffondere dappertutto la gioia pura di cui ella è ripiena, quella gioia scaturita dal saluto dell’angelo «Rallegrati Maria» e resa più intima e profonda dalla sua esperienza di portare Dio dentro la propria vita. Alla nascita di Gesù questa gioia si estenderà ai pastori di Betlemme attraverso l’annuncio dell’angelo: «Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,10). Portando Gesù nel tempio Maria farà ancora trasalire di gioia l’anziano Simeone e la profetessa Anna. A Cana, poi, la gioia non verrà a mancare al banchetto delle nozze grazie all’intercessione di Maria presso il suo Figlio.

Maria, maestra nell’arte dell’accompagnamento, ci fa capire che accompagnare la vita e il cammino degli altri vuol dire portare Gesù in casa altrui, comunicando e diffondendo la gioia che proviene da lui. Maria ha vissuto quello che Paolo verbalizzerà nella sua lettera ai Corinzi: «Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia» (2Cor 1,24)

2.4.  «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). Maria accompagna l’uomo a Gesù

Maria è diventata Madre di Dio perché ha «creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,45): è l’interpretazione del fiat di Maria fatto da Elisabetta, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. A lei fa eco Agostino quando dice: «Maria, piena di fede, concepì Cristo prima nel cuore che nel grembo»[29]. Alla pienezza di grazia da parte di Dio corrisponde la pienezza di fede da parte di Maria.

Abbandonata completamente a Dio, impegnata nell’avanzare costantemente nella «peregrinazione della fede», Maria si è sintonizzata lentamente e profondamente con Dio. Per la sua viva fede, ella arriva a una forte intesa con lui, a un adeguamento di tutto il suo essere con la sfera divina, ad avere un’intuizione del pensiero di Dio, a saper discernere spontaneamente la sua volontà, a sentir palpitare dentro di sé il cuore di Dio. A Cana di Galilea la troviamo così, semplice, discreta, fiduciosa accanto al suo Figlio, sicura di essere esaudita perché intimamente sintonizzata con lui.

A Cana Maria riveste un ruolo profetico. È «portavoce della volontà di Dio, indicatrice di quelle esigenze che devono essere soddisfatte, affinché la potenza salvifica del Messia possa manifestarsi»[30]. Le due parole pronunciate da Maria a Cana: «Non hanno più vino» (Gv 2,3) e «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5) mettono in risalto questa dimensione. Maria legge in profondità la storia umana, ne individua i problemi ancora nascosti, raccoglie i gemiti non ancora verbalizzati, scorge la sofferenza ancora senza nome. Ella scopre il nodo essenziale del guazzabuglio e lo presenta al suo Figlio, l’unico che lo può sciogliere[31]. E intanto prepara i servi all’accoglienza dell’aiuto divino con un’indicazione sicura.

«Fate quello che egli vi dirà» è tra le poche parole pronunciate da Maria nel Vangelo, l’unica indirizzata agli uomini. Per questo a ragione viene considerato «il comandamento della Vergine». È anche l’ultima parola sua registrata nel Vangelo, quasi un «testamento spirituale». Dopo questo Maria non parlerà più; ha detto l’essenziale aprendo i cuori a Gesù, lui solo ha «parole di vita eterna» (Gv 6,68). In questa parola di Maria si percepiscono gli echi della formula dell’alleanza sinaitica. A conclusione dell’alleanza il popolo promette: «Quello che il Signore ha detto, noi lo faremo» (Es 19,8; 24,3.7; Dt 5,27). Maria non solo personifica Israele obbediente all’alleanza, ma è anche colei che induce all’obbedienza, ormai non più all’alleanza, ma a Gesù, da cui prende inizio una nuova alleanza e un nuovo popolo. Ciò emerge con maggior evidenza se si legge questa parola di Maria in parallelo con le ultime parole di Gesù Risorto nel Vangelo di Matteo: «Fate discepoli tutti i popoli […] insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19).

Maria conduce dunque a seguire Gesù, ella accompagna gli uomini a obbedire la sua parola e a considerarla come riferimento assoluto. Maria aiuta a formare la comunità nuova di Gesù, accompagna il processo per diventare discepoli e amici del suo Figlio;  si può anche dire che Maria aiuta Gesù a farsi degli amici nel senso che Egli stesso ha detto: «Voi siete miei amici, se farete ciò che vi comando» (Gv 15,14).

Il «Fate quello che egli vi dirà» pronunciato da Maria non è un invito teorico, astratto, ma è un’esortazione maturata dall’esperienza personale. Ella non accompagna dando ricette, ma condividendo la sua vita, la sua esperienza, la sua sapienza, il suo segreto di santità. La parola va nel cuore e nella vita dell’interlocutore solo se è scaturita dal cuore e dalla vita di chi parla. Maria, esperta nell’ascolto e nel fidarsi della parola di Dio, ora può aiutare altri a fare altrettanto. La sua fede è contagiosa, il fiat vissuto in profondità da lei diventa il facite convincente rivolto ad altri.

  1. 5. «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19,26). Maria accompagna il cammino di tutta l’umanità

Maria è Madre di Dio. Maria, la Theotókos, la Madre di Dio, è l’epifania di uno dei più grandi misteri  del cristianesimo, una delle sorprese d’amore più sconcertanti di Dio fatte all’umanità. L’esperienza unica e prodigiosa di generare nella carne l’Autore della vita ha riempito di stupore Maria stessa. E questo stupore si prolunga nella contemplazione della Chiesa lungo i secoli. Ma l’essere madre per Maria non è una realtà statica che si acquista una volta per sempre. Lungo la sua «peregrinazione della fede» ella ha fatto un cammino di crescita e di maturazione nella sua maternità vivendo tutta una gamma di sentimenti materni. C’è l’attesa silenziosa nel contemplare il lento dipanarsi del segreto dentro di sé, la gioia intima nello stringere tra le braccia il figlio neonato, la soddisfazione e la fierezza nel presentarlo ai pastori e ai magi. C’è il dolore della fuga e dell’esilio per proteggere e salvare la vita di colui che è la Vita del mondo. C’è dolcezza d’intimità negli anni di Nazaret. C’è poi l’esperienza difficile e sconcertante dello smarrimento di Gesù dodicenne nel tempio. Anche nel corso della vita pubblica di Gesù la maternità di Maria continua a svilupparsi e ad approfondirsi. Con sobrietà e discrezione Maria è presente «non come una madre gelosamente ripiegata sul proprio Figlio divino, ma come donna che con la sua azione favorì la fede della comunità apostolica in Cristo e la cui funzione materna si dilatò, assumendo sul Calvario dimensioni universali»[32].

L’avanzare nella peregrinazione della fede è per Maria contemporaneamente un avanzare nella maturazione della sua maternità. Come la peregrinazione della fede culmina nell’evento pasquale del Figlio, così anche il cammino di maternità. Sul Calvario, accanto alla croce di Gesù, stavano sua madre con altre tre donne, più il discepolo amato da Gesù. Vedendo la Madre, Gesù le disse: «Donna, ecco tuo figlio». E al discepolo: «Ecco tua madre». Giovanni Paolo II, commentando questa scena, parla di una «nuova maternità di Maria», del «frutto del “nuovo amore”, che maturò in lei definitivamente ai piedi della croce, mediante la sua partecipazione all’amore redentivo del Figlio»[33]. Già Agostino diceva in modo analogo che Maria è Madre non solo del Capo, ma anche delle membra del corpo mistico di Gesù generato dalla sua morte redentiva.[34] Innalzato sulla croce, il Figlio di Maria si rivela «il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29); intorno a lui si radunano in unità tutti «i figli dispersi di Dio» (Gv 11,52)[35], e Maria si scopre madre di una moltitudine di figli. È Gesù che glieli affida.

Come spiega Ugo Vanni, Gesù crocifisso rivela ad un tempo la nuova identità del discepolo e della madre: «Qui Gesù, con un unico sguardo, abbraccia “la madre e il discepolo che egli amava” (19,26), simbolo e figura di tutti coloro che accettando l’amore di Gesù diventeranno suoi discepoli. All’unico verbo ‘vedere’ (idōn, “vedendo”, “avendo visto”) segue un duplice “ecco” (ide): con questo sdoppiamento lo schema letterario di rivelazione appare più articolato. C’è una rivelazione che riguarda la madre di Gesù nel suo rapporto col discepolo “Ecco (ide) tuo figlio” e c’è anche una rivelazione che riguarda il discepolo in rapporto con la madre di Gesù: “Ecco (ide) tua madre” (19,27)»[36]

A Nazaret Maria iniziava il suo cammino di maternità accettando il progetto misterioso di Dio: «Ecco concepirai un Figlio»; ora è questo Figlio che le propone una nuova maternità universale. A Cana, Maria si poneva nel mezzo facendo da mediatrice tra suo Figlio e gli uomini; ora è suo Figlio che fa da mediatore tra lei e gli uomini dicendole: «Donna, ecco il tuo figlio!». Nel supremo momento in cui si compie la sua missione salvifica, prima di pronunciare «Tutto è compiuto!» (Gv 19,30) Gesù ha voluto affidare tutta l’umanità alla cura materna di Maria, perché la guidi, l’accompagni con amore.

Il racconto di Giovanni termina con: «E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19,27). L’espressione eis tá ídia recita alla lettera “fra le sue cose proprie” [37], in senso spirituale può essere inteso come “l’accolse nel suo ambiente vitale”, “nel suo spazio interiore e spirituale”, “nella sua intimità”. In questo senso, interpreta Giovanni Paolo II: «Affidandosi filialmente a Maria, il cristiano, come l’apostolo Giovanni, accoglie “fra le sue cose proprie” la Madre di Cristo e la introduce in tutto lo spazio della propria vita interiore, cioè nel suo “io” umano e cristiano: La prese con sè»[38]. Da quel momento, Maria accetta di accompagnare con amore materno ogni persona, senza distinzione di razza, cultura, sesso, condizione sociale e stile di vita. In quel momento, mentre    l’umanità redenta accoglie la Madre, Maria accoglie ogni figlio affidatole personalmente dal suo Figlio e lo introduce nel suo cuore materno, per sempre.

2.6.  «Erano assidui e concordi nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù» (At 1,14). Maria accompagna il nascere e il crescere della Chiesa

Abbiamo visto come nel quarto Vangelo Maria appare solo due volte, in due momenti cardinali della vita del Figlio: a Cana e sotto la croce, all’inizio della vita pubblica e al compimento della vita e della missione di Gesù. Sono due episodi strettamente correlati, si richiamano a vicenda a modo di grande inclusione. Nei due episodi è comune l’indicazione della presenza di Maria: «c’era la madre di Gesù» (Gv 2,1), «stava sua madre» (Gv 19,25). Sono due pennellate che riempiono il bianco che è in mezzo e lanciano tutto verso l’infinito. Giovanni trasmette chiaramente questo messaggio: dall’inizio alla fine Maria accompagna Gesù e i suoi discepoli.

Anche Luca sottolinea la presenza di Maria nei momenti importanti : all’inizio del Vangelo e all’inizio degli Atti. Nel piano di Luca tra i primi capitoli delle sue due opere c’è un parallelismo, Lc 1-2 e At 1-2 possono essere considerati rispettivamente come vangelo dell’infanzia di Cristo e della Chiesa. La funzione di questi «racconti dell’infanzia» nei confronti del resto del Vangelo e rispettivamente degli Atti, è molto simile. Lc 1-2 rappresenta una sintesi iniziale, una miniatura dove si trovano in abbozzo e in maniera velata le grandi linee e i temi maggiori del vangelo. La stessa cosa si può dire per At 1-2, il «vangelo dell’infanzia della Chiesa»: Luca ha enunciato, in forma tenue e  sottile, le coordinate della sua ecclesiologia e le articolazioni principali della sua seconda opera[39]. E in tutti e due gli «inizi» Maria occupa un posto di rilievo. Come ha accompagnato Gesù così continua ad accompagnare il cammino della Chiesa.

Ecco la scena negli Atti: dopo l’ascensione di Gesù gli undici apostoli tornarono a Gerusalemme ed «erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (At 1,14). È significativo che, oltre agli apostoli, soltanto Maria viene ricordata con il suo nome proprio, accompagnato dal massimo titolo della sua identità: “la madre di Gesù”. Ella, però, non è separata dal resto della Chiesa, anzi si trova nel cuore del mistero della salvezza e della comunità ecclesiale accanto agli apostoli, primi testimoni di Gesù. La presenza di Maria non è una semplice informazione storiografica, ma Luca intende mettere in luce la continuità tra il Gesù storico, nato per opera dello Spirito con la collaborazione di Maria, e la nascita della Chiesa per opera del  medesimo Spirito e con la medesima collaborazione di Maria. L’ “accompagnamento” di Maria funge anche come filo d’unione tra il Gesù storico e la Chiesa.

Le persone che si trovavano insieme «assidui e concordi nella preghiera» (At 2,1) non era un gruppo di persone che si metteva insieme per la prima volta. Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, ecc. erano amici da molto tempo e compagni nella sequela di Cristo. Era, piuttosto, una comunità che si radunava in un modo nuovo, si ritrovava dopo la morte e la risurrezione di Gesù: eventi che hanno operato una svolta nella loro vita. Alla luce di questi eventi dovevano ora re-impostare la loro vita. Uniti e raccolti, attendevano la «potenza dall’alto» (Lc 24,48) per iniziare la missione che Gesù aveva loro affidato: essere suoi testimoni fino agli estremi confini della terra (cf At 1,8). Lo Spirito darà loro la sapienza per discernere e progettare, il coraggio per intraprendere cammini non facili, la forza per perseverare nella loro vocazione.

Esperta nel pregare, Maria unisce e guida la Chiesa nella preghiera. Ella, che ha concepito il Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo, ora “concepisce” il corpo mistico del suo Figlio nell’attesa e nell’accoglienza dello Spirito. Maria, la “madre di Gesù” è ora anche Madre della Chiesa. Subito dopo l’ascensione di Gesù, Ella esercita la sua maternità realizzando la volontà di suo Figlio, il quale, sulla croce, ha affidato alla sue cure tutta l’umanità, redenta dal suo amore, con le parole: «Donna, ecco tuo Figlio!».

Dopo questa scena, Maria non apparirà più nel resto degli Atti degli Apostoli. Dopo questa pennellata densa ci sarà molto spazio bianco, molto silenzio. Ciò non deve stupire perché «per Luca il primo capitolo è programmatico per tutto il libro e per la vita della Chiesa»[40]. Le varie chiese locali che nasceranno nei secoli seguenti fino ad oggi sono la presenza nel tempo e nello spazio di quella prima comunità di testimoni di Cristo Risorto, radunata dallo Spirito e accompagnata da Maria.

[1] Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen Gentium [LG] n. 65.

[2] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptoris Mater. La Beata Vergine Maria nella vita della Chiesa in cammino (1987) [RM], n. 25.

[3] De Fiores Stefano, Maria microstoria della salvezza. Verso un nuovo statuto epistemologico della mariologia, in Theotokos 1(1992), 8.

[4] Forte Bruno, Maria, la donna icona del mistero. Saggio di mariologia simbolico-narrativa, Cinisello Balsamo, Paoline 1989, 103.

[5] Giovanni Damasceno, De Fide Orthodoxa III, 12 in Patrologia Greca 94, 1029.

[6] RM n. 47

[7] Il capitolo 12 dell’Apocalisse, pur essendo molto studiato lungo i secoli, rimane una delle pagine più difficili della Bibbia. L’enorme impegno interpretativo non può dirsi concluso. Un’opera fondamentale per la  comprensione di Ap 12 dal punto di vista storico-esegetico è quello di  PrigentPierre, Apocalypse 12. Histoire de l’exégèse, Tübingen, Mohr 1959. Una valida visione sintetica offrono i seguenti articoli: Farkaš Pavol, Il simbolo della “Donna” di Ap 12 e la sua interpretazione, in Strus Andrzej – Blatnicky Rudolf (ed.) Dummodo Christus annuntietur. Studi in onore del Prof. Jozef Heriban, Roma, LAS 1998, 229-246; Biguzzi Giancarlo, La donna, il drago e il Messia in Ap 12, in Theotokos VII (2000) 17-66; Vanni Ugo, La decodificazione del “grande segno” in Apocalisse 12,1-6, in Marianum 40 (1978) 121-152; Valentini Alberto, Il «grande segno» di Apocalisse 12. Una chiesa ad immagine della Madre di Gesù, in Marianum 59 (1997) 31-63.

[8] LG  n. 68.

[9] LG  n. 56.

[10] Paolo VI, Esortazione apostolica Signum magnum (1967), n.6

[11] Dante Alighieri, Paradiso XXXIII, 85.

[12] Paolo VI, Esortazione apostolica Marialis Cultus (1974) [MC], n. 57.

[13] Come quella di Mosè (Es 3-4) e di Gedeone (Gdc 6,11-24).

[14] Come per esempio l’annuncio della nascita di Ismaele (Gn 16,7-13), di Isacco (Gn 17), di Sansone (Gdc 13,2-24), dell’Emmanuele (Is 7,14-17; 9,5-6).

[15] È un aspetto molto studiato da A. Serra, in particolare nei seguenti scritti: Serra Aristide, Maria secondo il Vangelo, Brescia, Queriniana 1987, 7-23; Testimonianze mariane in Luca e Giovani, in Serra Aristide – Dal Covolo Enrico (a cura di), Storia della Mariologia. Vol 1. Dal modello biblico al modello letterario, Roma, Città Nuova, 2009, 79-140.

[16] Serra Aristide, Bibbia, in De Fiores Stefano – Meo Salvatore (a cura di), Nuovo Dizionario di Mariologia, Cinisello Balsamo, Paoline 1985, 231-311, qui 246.

[17] Serra Aristide, “Lo Spirito Santo scenderà su di te…”. Aspetti mariologici della pneumatologia di Lc 1,35a, in Id., E c’era la Madre di Gesù. Saggi di esegesi biblico-mariana (1978-1988), Milano, CENS-Marianum 1989, 44-92, qui 62.

[18] È anche un gesto denso di significato simbolico, come risulta dall’ampio analisi storico-esegetico di Serra Aristide, «… E lo avvolse in fasce…» (Lc 2,7b). Un «segno» da decodificare, in  Serra Aristide, Id., E c’era la Madre di Gesù, 225-284.

[19] LG  n.26.

[20] MC n. 25. Commentando il capitolo mariano della Lumen Gentium dice il Pontefice: «Soprattutto desideriamo che sia posto chiaramente in luce come Maria, umile serva del Signore, è tutta relativa a Dio e a  Cristo, unico Mediatore e Redentore nostro» : Discorso a chiusura del terzo periodo del Concilio, 21 Novembre 1964, in  Enchiridion Vaticanum 1, 315

[21] RM n.18

[22] Cf Aron Robert, Gli anni oscuri di Gesù,Verona, Mondatori, 1987; Foresti Fabrizio, “Gli anni oscuri di Gesù”, in AA. VV.,La storia di Gesù, vol. 1, Milano, Rizzoli 1983, 97-116.

[23] Il tema di Maria maestra e madre, educatrice di Cristo e dei cristiani è oggetto di studio coltivato dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium» da anni attraverso vari seminari di ricerca e un convegno internazionale. Il risultati finora raggiunti sono confluiti nei seguenti volumi: Farina Marcella – Marchi Maria (a cura), Maria nell’educazione di Gesù Cristo e del cristiano, 1. La pedagogia interroga alcune fonti biblico-teologiche, Roma, LAS 2002; Loparco Grazia – Manello Maria Piera (a cura), Maria nell’educazione di Gesù Cristo e del cristiano, 2. Approccio interdisciplinare a Gv 19,25-27, Roma, LAS 2003; Dosio Maria – Ganon Maria – Manello Maria Piera – Marchi Maria (a cura), «Io ti darò la maestra…». Il coraggio di educare alla scuola di Maria, Roma, LAS 2005.

[24] RM,  n.17.

[25] L. cit.

[26] RM, n.20.

[27] Maria persona in relazione è il tema del VI Convegno dell’Associazione Mariologica Interdisciplinare italiana del 2007, i cui Atti sono pubblicati in Theotokos XV(2007) n.2. Cf anche De Fiores Stefano, La pro-esistenza di Maria di Nazareth nel contesto della relazionalità, in Ricerche teologiche 6(1995) 213-227.

[28]   2100 Capitolo Generale dell’Ordine di Servi di Maria, Servi del Magnificat. Il cantico della vergine e la vita consacrata, Servitium editrice, Roma 1996, 146-147.

[29] Agostino, Discorsi 72 A, 8 in Miscellanea agostiniana I, 164).

[30] RM, n. 12.

[31] Il noto biblista e mariologo Aristide Serra vede nel brano di Cana un legame sia con Gen 41,55 («Il faraone disse a tutti gli egiziani: “Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà”» come con Es 19,8 («Tutto il popolo rispose e disse: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo»), dopo un attento analisi esegetico giunge alla conclusione: «Pertanto la madre di Gesù diviene portavoce delle aspirazioni profonde che salgono dal cuore dell’umanità intera: Israele e i gentili. Tanto gli uni che gli altri “non hanno più vino”. Avvertono, cioè, che le risorse delle proprie culture non bastano più per esaudire l’anelito di pienezza insito in ogni creatura in cerca di verità. Perciò hanno bisogno di Gesù. […] la madre di Gesù presenta al Figlio il gemito del mondo “a Cana di Galilea” ». Serra Aristide, «Fate quello che vi dirà». Gv 2,5 tra Es 19,8; 24,3.7 e Gen 41,55, in Ciola Nicola – Pulcinelli Giuseppe (a cura di) Nuovo Testamento: Teologie in dialogo culturale, Bologna, Devoniane 2008, 183-194.

[32] MC, n. 37.

[33] RM, n.23.

[34] Cf Agostino, De sancta virginitate 5 in CSEL 41, 238.

[35] Cf Serra Aristide, Maria, segno operante di unità dei «dispersi figli di Dio» (Giov. 11,52), in Id., C’era la Madre di Gesù, 285-321.

[36] Vanni Ugo, L’Apocalisse, Ermeneutica, esegesi, teologia, Bologna, EDB 1988, 342.

[37] Molto è stato scritto sul significato di eis tá ídia in questo testo. Cf in particolare De La Lotterie Ignace, Et à partir de cette heure, le Disciple l’accueil­lit dans son intimité (Jn 19,27b). Réflexions méthodologiques sur l’interprétation d’un verset johannique, in Marianum 42 (1980) 84-125; Neirynck Frans., Eis ta idia. Jn 19,27, in Ephemerides Theologicae Lovanienses [ETL] 55 (1979) 357-365; Id., La tra­duction d´un verset johannique,Jn 19,27b, in ETL 57 (1981) 83-106; Serra Aristide, Maria presso la croce (Gv 19,25-27), in Storia della Mariologia I, 120-129

[38] Insegnamento di Giovanni Paolo II, X/1 (gennaio-aprile 1987), Città del Vaticano, LEV 1988, 795.

[39] Cf  Charlier Jean-Pierre, L’ Évangile de l’enfance de l’Église. Commentaire de Actes 1-2, Bruxelles-Paris, 1966 ; Valentini Alberto, Maria nella comunità delle origini che celebra l’Eucaristia, in AA.VV. Con Maria donna eucaristica adoriamo il Dio-con-noi Atti del 16° Colloquio internazionale di mariologia, Civitavecchia-Tarquinia, 24-26 maggio 2004, Roma, Ed. AMI, 2006, 15-39.

[40] Valentini Alberto, Maria nella comunità delle origini che celebra l’Eucaristia, 35.

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